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Agropoli, Cassazione favorevole al Comune: ricorso respinto per un dipendente Provincia Provincia e Regione 

Agropoli, Cassazione favorevole al Comune: ricorso respinto per un dipendente

Ricorso respinto, vittoria in Cassazione per il Comune di Agropoli. Confermato il verdetto d’Appello pronunciato a maggio di 4 anni fa nei confronti di un dipendente che avrebbe preteso più incentivi per il lavoro svolto. Con sentenza del 18 maggio 2021, la Corte d’Appello di Salerno confermava la decisione resa dal Tribunale di Vallo della Lucania e accoglieva solo parzialmente la domanda proposta dal dipendente comunale nei confronti del Comune di Agropoli, riconoscendo all’istante un importo inferiore a quello richiesto a titolo di compenso incentivante previsto dal Regolamento comunale sull’ICI per il personale addetto, relativamente agli anni 2000, 2001 e 2002, in cui era stato l’unico addetto, con l’incarico di responsabile dei tributi, occupandosi di tutte le attività volte alla liquidazione e riscossione dei medesimi; l’importo riconosciuto dal Tribunale e poi dalla Corte d’Appello era di € 1.069,24 in luogo di € 71.278,59 richiesti.    La Corte d’Appello di Salerno aveva rilevato l’infondatezza della pretesa dell’istante secondo la quale la liquidazione del compenso incentivante dovesse essere operata automaticamente sulla sola base del corrispettivo riscosso dal Comune negli anni in questione a titolo di ICI; dovendo ritenersi, al contrario, che l’obiettivo previsto di incremento del gettito non costituiva un mero esito contabile di incasso in aumento ma presupponeva il risultato dell’impegno dell’ufficio tributi nella lotta all’evasione ICI, nel caso di specie non provato dall’istante. Con ricorso per Cassazione il dipendente prospetta motivo di ricorso in relazione all’essersi la Corte territoriale illegittimamente avvalsa, ai fini dell’interpretazione della disciplina relativa all’istituto del compenso incentivante, dei contratti collettivi, acquisiti agli atti soltanto con la costituzione in grado di appello del Comune di Agropoli, rimasto contumace in primo grado e perciò tardivamente;  sostiene l’inapplicabilità della regolamentazione dettata per l’istituto del compenso incentivante ICI dalla disciplina dei contratti collettivi, che, secondo la Corte territoriale sarebbe intervenuta a sostituire la normativa regolamentare comunale, insuscettibile secondo il ricorrente di essere letta in termini difformi da quelli risultanti dalla sua formulazione letterale; secondo il ricorrente l’incentivo andava determinato applicando la percentuale prevista sulla base del corrispettivo riscosso dall’Ente; sicché la scelta della Corte territoriale di discostarsi da quella lettura per privilegiare l’interpretazione discendente dalla ratio sottesa alla nuova disciplina dei contratti collettivi – per cui l’obiettivo previsto di incremento del gettito non costituiva un mero esito contabile di incasso in aumento ma presupponeva il risultato dell’impegno dell’ufficio tributi nella lotta all’evasione ICI – avrebbe dovuto comportare, a pena di nullità, la sottoposizione della questione al contraddittorio delle parti, non avvenuto nel caso di specie. La Corte territoriale si sarebbe avvalsa a dire del ricorrente dell’interpretazione della disciplina relativa all’istituto del compenso incentivante dei contratti collettivi, che erano stati acquisiti agli atti soltanto con la costituzione in grado di appello del Comune di Agropoli, rimasto contumace in primo grado e perciò tardivamente. La Corte Suprema di Cassazione Sezione Lavoro qualche giorno fa ritenuto fondate le argomentazioni svolte dall’Avvocato Giovanni Maria di Lieto, difensore del Comune di Agropoli nel giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione Sezione Lavoro.

La difesa del Comune di Agropoli aveva contestato la fondatezza della pretesa del dipendente tenuto conto dell’insussistenza delle condizioni di legge relative al titolo per ottenere l’incentivo (raggiungimento di risultati di contrasto all’evasione tributaria notevolmente superiori agli obiettivi previsti per il tributo I.C.I., realmente riscosso). Il dipendente non ha mai superato, né provato di aver superato i citati obiettivi, ed anzi, secondo l’ufficio tributi, durante la sua permanenza ebbe una riduzione di riscossione ICI. Infondatamente il dipendente pretende la liquidazione del compenso incentivante automaticamente sulla sola base dell’importo complessivo riscosso dall’Ente per gli anni 2000, 2001 e 2002 a titolo di ICI, senza neppure allegare l’avvenuto raggiungimento degli obiettivi previsti, laddove l’incremento del gettito non doveva costituire un mero esito contabile di incasso in aumento, ma il risultato dell’impegno dell’ufficio tributi nella lotta all’evasione ICI. La Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dal ricorrente con questa motivazione: “così impostata la complessiva impugnazione si rivela infondata, atteso che l’interpretazione della normativa regolamentare, cui la Corte territoriale fa esclusivo riferimento quale disciplina applicabile alla fattispecie, ben poteva essere desunta dalla ratio della disciplina successivamente posta dalla contrattazione collettiva, richiamata e prodotta dal Comune di Agropoli nel procedere, in sede di gravame, a contestare, del tutto ammissibilmente, come condivisibilmente ritenuto dalla Corte territoriale, la fondatezza della pretesa azionata dal ricorrente, trattandosi di norme di diritto conoscibili e valutabili in via diretta dal giudice, senza necessità di provocare a riguardo il contraddittorio delle parti”. Viene confermata quindi la sentenza della Corte d’Appello di Salerno che aveva riconosciuto all’istante un importo di gran lunga inferiore a quello richiesto a titolo di compenso incentivante sul Regolamento comunale sull’ICI per il personale addetto.

 

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